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STAZIONE DI POSTA Nº3/6 · AGOSTO 1985

  RIVISTE DI POESIA A FIRENZE 1958 - 1985

A CURA DI MARCO MARCHI

Firenze è una Stazione di Posta sempre più consistente nel contesto della riflessione sulla poesia, sulla sua veicolazione.
E ciò è naturale poiché fin dagli anni ’50 in questa città sono maturate esperienze editoriali e di gruppo che hanno sempre cercato un chiaro messaggio e un preciso referente.

Per questo motivo, dopo i primi due numeri con cui Stazione di Posta ha evidenziato la sua identità antimunicipale, ecco che offre ai suoi lettori la realtà operativa da cui Firenze è ancora animata.
Affidando ad uno studioso tra i più competenti l’analisi del percorso e la scelta antologica, abbiamo inteso cercare una lettura oggettiva della situazione.

Naturalmente, il percorso attraverso le riviste di poesia non esaurisce il quadro delle presenze poetiche in questa realtà culturale così ricca di spiccate voci singole; in ogni caso abbiamo voluto sottolineare i momenti di riflessione e di rapporto fra laboratori di creatività, piuttosto che ricercare una definizione in assoluto di valori esclusivamente poetici. Non è un caso che il saggio di Marco Marchi sia di taglio culturale e non analitico della produzione soggettiva.
In effetti sentiamo vivo il bisogno di un discorso che si riferisca all’intelligenza critico creativa dei poeti, mentre cominciano ad annoiarci, in questi anni ’80, gli esibizionismi di chi ha totalmente tagliato i ponti con la storia e con la metamorfosi della lingua.
Dunque, Firenze come Stazione di Posta di un esercizio poetico come momento correlato a un nuovo clima culturale rispetto al fervore degli anni ’30 e ’40.
E se vi sono state intenzioni non interamente risolte, ritorni troppo generosi al passato, eccessi di possibilismo, è pur vero che il clima poetico delle nuove generazioni a Firenze è certamente il più ricco di problematiche, rispetto al territorio nazionale. E di queste problematiche vogliamo farci portatori.
Dopo questo doveroso numero monografico Stazione di Posta riprenderà la sua autonoma struttura di provocazione, di vocazione in favore di un discorso liberato da ogni formalismo.



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