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STAZIONE DI POSTA Nº55/57 · APRILE 1994
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L'UTOPIA
Perchè intrattenersi con l'impossibile? In ogni attimo della storia dell'uomo, della sua inarrestabile evoluzione verso il buio da cui giunse, fin da quando ha faticosamente coordinato pensiero e linguaggio, vi è stata in lui un'intima esigenza di emendare l'insicurezza del proprio non-essere (rispetto a un'etica interiore manifestatasi, straordinariamente, assieme alla facoltà del pensiero, al suo estremo bisogno animale di convivenza nel Gruppo), inventando e fantasticando, e raccontandolo ai propri simili (detonando una sorta di catarsi collettiva), Luoghi e Costituzioni in cui l'Essere potesse realmente germinare dal bocciolo della civile convivenza, svincolato da coscienze tiranneggiate dai bisogni istintivi, e in antagonismo a quanto dominava la società in cui il narratore d'Utopie e i destinatari facevano parte: sicchè la rappresentazione abbandona il Luogo Storico trasfigurandosi in immagini espulse nel pensiero e pacificamente opposte ad una realtà aggressiva.
Il Paradiso Terrestre è forse l'invenzione più suggestiva, seppure non tra le prime, l'irraggiungibile Eterna Utopia (purtroppo riservata alle anime pie e per questo spoglia di vitali ordinamenti nella beata e asettica quiete del luogo e del tempo), archetipo e musa di tutte le altre che in successione (e senza ambizioni di eternità o demiurgica perfezione) hanno emulato questa geniale invenzione, capace di catturare le menti e regolare gli atti di miliardi di esemplari della nostra specie: decretando di fatto il passaggio dal Mito all'Utopia per la novità di rivolgersi a tutti gli individui, senza alcuna discriminante di censo, razza o religione (almeno nella sua esegesi originale), e affermando il dualismo con la realtà oggettiva. Ma le vere Utopie (o i miti) a cui generalmente ci si riferisce, a partire da quelle mesopotamiche (tributarie di frammenti culturali centroasiatici e ispiratrici delle scritture monoteistiche), per giungere alla grande e plausibile Repubblica platonica, eppoi all'Utopia di Tommaso Moro e alla Nuova Atlantide di Francesco Bacone (tralasciando invenzioni più commerciali come quelle, ad esempio, raccolte dal Garnier nei Viaggi Immaginari), e tanti altri scritti (per non dire delle Utopie iconografiche) che fino al secolo scorso hanno consolato l'Immaginario Collettivo con il comune destino di purificare con il loro messaggio i vizi delle società in cui queste opere erano incubate, di diradano lentamente verso i nostri giorni per irreversibile esaurimento dello Spazio e del Tempo concepibile dall'indagine umana (e il marxismo, tragicamente incompiuto, con la sua dirompente carica di Speranza e Possibilità - come più volte affermò Ernst Bloch nella strenua difesa del concetto di Utopia quale funzione dello sviluppo sociale - ha contribuito non poco alla mortificazione del Sogno Umano). E per l'uomo contemporaneo è frequente inciampare in residui utopici asserviti al Potere, e ormai del tutto contaminati dalle esperienze fallimentari di questo nostro secolo, rischiando il trasferimento delle prospettive di miglioramento sociale e umano verso l'inglobamento in teorie dell'Impossibile, o imprigionandole in luoghi interiori dispersi nello spazio e nel tempo: e dunque dalla convivenza, abilitando, infine, involontarie Distopie del tutto divergenti dalle Utopie Storiche, infruttuosamente arate dal pensiero successivo. Così l'Utopia si aggancia pericolosamente alla psicanalisi e all'antropologia quale ingrediente di Effetti Placebo confezionati in soccorso delle contraddizioni ritenute connaturate al nostro vivere sociale.
Perchè intrattenersi con l'impossibile? E' la domanda che un certo pragmatismo mercantile potrebbe porre con qualche legittima ragione e alla quale potremmo rispondere parafrasando un'affermazione di Platone: " Una città non potrà mai essere altrimenti felice, se non ne tracceranno il disegno quei pittori che dispongono del divino esemplare...".
E se è ritenuto lecito affermare l'esistenza del demiurgo per il solo motivo di ascoltarne emotivamente la presenza, è altrettanto plausibile sperare in un'umanità migliore per il solo desiderio di bramarla tale.
La scelta tematica di questo numero (purtroppo, per ragioni di spazio, mutilato di ricorrenti rubriche) non è casuale, nè legata ad opportunità editoriali. Nasce nella consapevolezza redazionale che questi tempi saranno gravidi di questioni, revisioni anche dolorose per quelle categorie del vivere che potevamo aver ritenute scontate, definite nell'incessante lavorio del pensiero umano (una per tutte: lo Stato Sociale che tante energie pubbliche e private ha assorbito esaurendosi, infine, in un dizionario di buone intenzioni e invettive esplose da chi lo ha sempre avversato: e che avendo torto secondo un dialettico ideale etico-politico, comunque sempre vivo, solo ritardato, si trova fra i piedi la ragione storica).
E il ruolo di una rivista come Stazione di Posta (mai incline ad assecondare le catene di sant'Antonio della Società Letteraria), seppure limitato (oltre che dai nostri immodesti contributi) dai legacci che ne impediscono la periodica e puntuale presenza, dovrà essere quello di anticipare, promuovere, o semplicemente commentare il dibattito intorno all'edificazione di nuovi templi per la civile convivenza (facendo attenzione che nessuno, ignaro, resti sotto le macerie dei precedenti), senza per questo perdere il contatto con la natura "letteraria" della testata; ma a questa innamorata natura porgere il tributo di creatività rinvigorite da visione ecumenica del Sapere che potrà interpretare l'occasione di riscatto per una Società Letteraria non al riparo dai nubifragi di questi monsoni italiani che giungono in continuazione da est (e Colombò dimostrò che tutto quanto giunge da un punto cardinale può in realtà aver preso le mosse dal lato opposto), inducendo a ripensare il pensiero, a correggere gli scritti, a rivivere vite già vissute.
Tutto però in allegria, in scioltezza, come merita la caducità della nostra presenza.
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IL TEMA: L'UTOPIA
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Paolo Codazzi
Perchè intrattenersi con l'impossibile?
| Pag. | 3 |
Arrigo Colombo
L'Utopia. Rifondazione di un concetto e di una storia..
| Pag. | 7 |
Maria Moneti Codignola
Genesi e senso dell'Utopia letteraria...
| Pag. | 23 |
Cosimo Quarta
Alle origini dell'Utopia moderna: Thomas More...
| Pag. | 37 |
Giuseppe Schiavone
Alle origini dell'Utopia moderna: la rivoluzione inglese.
| Pag. | 51 |
Laura Tundo
Un maestro dell'Utopia: Charles Fourier
| Pag. | 61 |
Ronald Creagh
Il peso del sociale e le ali dell'Utopia
| Pag. | 71 |
Krishan Kumar
Il crollo del comunismo e la pretesa fine dell'Utopia
| Pag. | 81 |
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LA CITTA' SEGRETA
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Giampaolo Trotta
San Lorenzo 393 - 1993. Tesori nascosti: il simbolo svelato
| Pag. | 95 |
Franco Manescalchi
Saluto ad un amico schivo dal cuore grande.
| Pag. | 112 |
STUDI E LETTURE
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Corrado Marsan
Franco Rosselli. Le cittadelle dell'Utopia
| Pag. | 115 |
Daniela Marcheschi
"Matilde" di Giovanni Mariotti
| Pag. | 119 |
Pietro Civitareale
"Torbidi amorosi labirinti" di Venerio Scarselli
| Pag. | 120 |
Marco del Rocca
Due libri su Tozzi
| Pag. | 121 |
Giampiero Neri
"Comuni smarrimenti" di Nanni Cagnone
| Pag. | 123 |
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