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  L’INVENTORE DEL SEMAFORO - PAOLO CODAZZI - Recensioni
  Dalla prefazione di Franco Manescalchi   Franco Manescalchi          
Paolo Codazzi scrive poesia rapportandola, in modo analogico, al proprio composito fronte culturale e politico in cui davvero poco spazio ha l’elegia del privato.

Scevro da qualsiasi presa diretta col reale Codazzi sa che la verità, e dunque l’incidenza del discorso, passano attraverso il recupero di un tempo molteplice documentato dal proprio sangue ma anche da papiri e protocolli, da diari e, al limite, da digitazioni dell’imprevisto.

Quest’ultima raccolta, L’inventore del semaforo, ci offre il Codazzi della maturità, capace di uscire dall’incorniciatura della sperimentazione…

Codazzi parte dalla stagione in cui fu fondata questa civiltà, con caratteristiche culturali ben definite ed ancorate globalmente alla dimensione romantica, per puntualizzare il rapporto tra legge e flusso, fra rivoluzione ed evoluzione. E’ dunque, il suo, che fa rivivere al presente, con acribia bibliografica, i protagonisti della Rivoluzione francese, come se uscissero da pagine di un diario scritto di fresco fra l’essere e l’agire; per continuare, con mosso respiro creativo, a designare il flusso, il movimento ( con evidente riferimento al viaggio storico) fino al se stesso, al presente, all’imperfetto trasformarsi dell’uomo nel tempo.

Ed è a questo punto che Codazzi apre sul panorama della proprie mediate verità che tornano a ritroso, ma sperimentalmente, fino all’esatta misura greca dell’uomo mediterraneo, o ad un’immagine di sé stupita di fronte alle cose.

Si tratta di una scrittura poematica, per registri, in cui è evidente un amore stilistico per le rapide-sapide sospensioni di quell’ala dell’avanguardia che negli anni Sessanta definivamo ideologica (Pagliarani, Majorino, per intenderci), né mancano tuttavia le interruzioni tipicamente sanguinetiane.

Tanto per evitare fraintesi, ripeto che con questo il corpus codazziano rinuncia ad ogni spontaneità, ad ogni soluzione epico-lirico-diaristica per risolversi invece in un confronto largo col contesto culturale e in un blocco linguistico frastagliato ma non accidentale o, peggio, accidentato.

 
     Paolo Codazzi          
La vocazione razionale verso un ordine, l’inclinazione emotiva nel trasgredire quelli codificati, mi spingono dopo un lungo silenzio (ma anche la demenzialità dilagante), a riprendere il sentiero labirintico e pubblicare questa raccolta che insieme vuole essere la constatazione della precarietà del disciplinato ma anche la consapevolezza del fluire, comunque, in un ordine naturale, dinamico. Anche se, a volte, pare il caos prendere il sopravvento.

Pur perfetta, la regola, esprime la capacità e i limiti dei destinatari. E non c’è male più distruttivo della forza delle (buone) abitudini.

L’autore

 
  KxH4q7u8I8G   3RHzWWbmi   96ykkrnq@yahoo.com   9:26   8/2/2017 
My favorite Dick Stockton mess up was when he saw the Asian kid dancing with the cheerleaders to a song that was obviously not &#;a208G2ngnam Style” and he said “Gangnam Style is taking the world by storm!”. No Dick Stockton, that is not Gangnam Style, that’s an Asian kid.
 
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